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Info nov 2023 – Problemi con il dettaglio degli importi?

Stiamo avendo delle segnalazioni di malfunzionamento del calcolo degli importi

In particolare sembra che i problemi siano presenti nel calcolo delle spedizioni

In questo caso fate un ordine via mail

Potete scriverci a homemade.fr@gmail.com oppure contattarci al 338 3800485 (via wa o telefonando).

ORDINATE DIRETTAMENTE VIA MAIL, VI RISPONDEREMO PRESTO INVIANDO ANCHE UN INVITO PER IL PAGAMENTO CON PayPal O IN ALTRE MODALITA’

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Cos’è e come fare il lievito madre

Questo articolo era stato principalmente pensato per darvi idee su come utilizzare le nostre farine, perciò avevamo messo in pausa la pubblicazione in quanto le nostre farine sono andate esaurite poco dopo l’inizio dell’emergenza.
Abbiamo deciso oggi di pubblicarlo comunque visto che molti e molte di voi stanno trovando difficoltà ad acquistare il lievito di birra.


Quindi ecco la soluzione: potete fare il vostro lievito in casa e vi basteranno degli ingredienti che sicuramente avete già!

Il lievito madre (o pasta madre o lievito naturale) è un impasto di acqua e farina che subisce una fermentazione spontanea grazie a microrganismi presenti nella farina e nell’ambiente. A differenza del lievito di birra, la pasta madre non contiene solo lieviti ma anche batteri (di solito Lactobacillus).

Nonostante richieda tempi di lievitazione più lunghi e un po’ di cure in più, il lievito madre ha molti vantaggi rispetto al classico lievito di birra in bustina:
– maggiore digeribilità delle proteine e degli impasti in generale, grazie ai tempi di lievitazione lunghi e alla proteolisi
aroma, sapore e fragranza inconfondibili
– maggiore biodisponibilità dei minerali
– il pane fatto con la pasta madre si conserva morbido e fresco più a lungo di quello con il lievito di birra (intorno ai 7 giorni).

Come ottenere il lievito madre

Metodo facilissimo

Chiedilo a qualcuno che ce l’ha già!
Il lievito madre non si trova in commercio ma si può facilmente regalare e scambiare grazie alla sua riproducibilità infinita.
Noi abbiamo un lievito madre che ormai è in vita da quasi 4 anni e se ne vuoi un po’ basta chiederlo e saremo felici di regalarlo!

Metodo fai da te

Fare il lievito madre in casa è molto facile e potrai sviluppare la tua propria coltura personale: nessun lievito madre sarà uguale ad un altro e conterrà batteri e lieviti diversi. Per avere un lievito molto attivo ci sarà bisogno di 7-8 giorni. La guida che scriviamo qui ne prevede 8, ma dipende dalla temperatura, avendo una temperatura più alta i tempi saranno più brevi! Semplicemente seguite questa regola: quando il lievito raddoppia di volume quando lo lasciate a temperatura ambiente per 4-6 ore, è pronto!

Ingredienti

Per iniziare una coltura, serivranno solamente due ingredienti:
acqua: va bene l’acqua del rubinetto, anche se l’ideale è che contenga poco cloro per facilitare la fermentazione
farina: da evitare le farine da pochi centesimi del supermercato, ad esempio è molto adatta la nostra farina di farro, ma anche le nostre farine di grano come la serena sono ottime per lo scopo, dal momento che non contengono conservanti, pesticidi e sostanze chimiche che potrebbero inibire la fermentazione

Giorno 1

Impasta 200g di farina con 100g di acqua fino ad ottenere una forma sferica e metti l’impasto in un barattolo di vetro, chiudilo con una garza o uno strofinaccio pulito (in questa fase c’è bisogno che entri aria nel barattolo) e metti il tutto in un luogo al riparo dalla luce diretta. La temperatura di fermentazione ideale è tra 22 e 26 gradi, quindi in genere la temperatura ambiente di casa andrà benissimo.

Fatto questo, basta attendere 48 ore.

Se tutto è andato come previsto, l’impasto sarà ricresciuto, anche se di pochissimo. A questo punto, bisogna procedere con il primo rinfresco.

Usa un elastico per segnare il barattolo in modo da capire se il lievito è cresciuto
(NB questo nella foto è un lievito attivo, il vostro lievito al primo giorno non avrà questo aspetto)

Giorno 3

Rinfrescare significa semplicemente fornire nuovo “cibo” al nostro lievito che avrà finito i suoi nutrienti. Quindi, prendete 100g dal cuore del vostro impasto fermentato (scartate il resto ma non buttatelo! leggi qui) e aggiungete 100g di farina e 50g di acqua, impastate e rimettete nel contenitore e fate fermentare di nuovo per 24 ore.

Giorni 4, 5 e 6

Ripetete la stessa operazione del giorno 3 per altre 3 volte, a intervalli sempre di 24 ore.
Poi per 2 volte fate un rinfresco ogni 12 ore.
A questo punto, dovreste avere un impasto che in circa 4/5 ore raddoppia il suo volume se lasciato a temperatura ambiente.
Se il lievito è ancora troppo debole, fate un altro rinfresco a 12 ore.

Giorni 7 e 8

Negli ultimi due giorni passate a fare un rinfresco ogni 12 ore.
Al termine dell’ultimo rinfresco, dovreste avere un impasto che in circa 4-6 ore raddoppia il suo volume ad una temperatura di circa 24 gradi.
Se il lievito è ancora troppo debole, fate un altro rinfresco a 12 ore.

Fatto! Avrete così la vostra pasta madre.
Potrete usarla in qualsiasi preparazione lievitata al posto del lievito in bustina, usandolo per circa il 15-20% dell’impasto e avendo cura di aumentare i tempi di lievitazione, ma a breve scriveremo anche una guida su come fare il pane con il nostro lievito madre.

PS. Affinché non inacidisca, il lievito va rinfrescato spesso, almeno una volta a settimana se tenuto in frigorifero in un contenitore di vetro chiuso ermeticamente (considerate che il lievito aumenterà di volume quando scegliere il contenitore). Per avere un lievito più facile da mantenere potrete poi trasformare la vostra pasta madre in li.co.li. (o lievito a idratazione 100%), aumentando pian piano la quantità d’acqua ad ogni rinfresco fino ad arrivare ad un lievito che si rinfresca con la stessa quantità di acqua e farina.

A questo link trovate un’altra guida molto completa se volete approfondire la lettura: http://www.lievitonaturale.org/lievito_madre.php

Non buttare il lievito!

Ogni volta che si fa un rinfresco, si scarta la metà del lievito semplicemente perché altrimenti dopo 7 rinfreschi avreste così tanto lievito da occupare metà frigorifero.
Però non gettate via il lievito scartato, si può utilizzare per tante ricette veloci come per fare dei pancakes, delle focaccine o delle piadine. Basta cercare in rete “sourdough leftover” o “esubero lievito madre” e troverete molte ricette!

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Ricetta: sagne di farro spelta con fagioli cannellini

Ingredienti per 4 porzioni:
– farina di farro spelta Homemade 350g
– un barattolo di fagioli cannellini Homemade da 285 g
– olio EVO
– passata di pomodoro Homemade
– aglio
– salvia e rosmarino

Le sagne sono un tipo di pasta della tradizione del basso Lazio e dell’Abruzzo. È una preparazione estremamente povera in quanto prevede solo farina, acqua e sale, ed era considerata una pasta di tutti i giorni, al contrario di quella all’uovo che era preparata solo nei giorni di festa.

Iniziamo con l’impastare la farina semintegrale di farro spelta con circa 280 g di acqua. Lasciare riposare qualche minuto. Stendere poi la pasta e tagliarla a strisce larghe un paio di cm e lunghe circa 5 cm, come per i maltagliati. In una pentola mettere l’olio EVO con uno spicchio d’aglio ed un rametto di rosmarino e salvia (legati insieme per poi toglierli), far soffriggere ed aggiungere poi metà dei fagioli cannellini. A questo punto aggiungiamo due cucchiai di passata di pomodoro e facciamo bollire per 4-5 minuti. La restante parte dei fagioli va frullata (o passata al passaverdure) ed aggiunta al soffritto subito prima di toglierlo dal fuoco. 
Cuocere le sagne in abbondante acqua bollente salata finchè tornano a galla e poi scolarle al dente facendo attenzione a tenere da parte un po’ d’acqua di cottura. Unire fagioli e sugo alle sagne, aggiungendo un po’ d’acqua di cottura a piacimento se si gradiscono più brodose.

Note

– per i non vegetariani, nel soffritto si può aggiungere anche un pò di guanciale per rendere il piatto più goloso (poi andate a correre però)
– il nostro farro spelta è coltivato ad Alvito, nella Valle di Comino. Tutta la valle fa parte del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise ed è una delle ultime zone ancora intatte della nostra provincia. Il farro spelta viene decorticato a Gallinaro, sempre in Valcomino, e quindi viene macinato a pietra presso il mulino di Silvana alla Selva di Sora
– i fagioli cannellini della Valcomino (quelli di Atina sono anche una dop riconosciuta) hanno la caratteristica di avere una buccia molto sottile che permette una cottura senza ammollo precedente; in questo modo i fagioli non perdono affatto il loro prezioso contenuto. Hanno inoltre un sapore unico ed inconfondibile
– è un piatto che si presta molto bene anche ad una versione piccante, aggiungendo un po’ di peperoncino in polvere o in scaglie nel soffritto.
Oppure potete provare ad aggiungere qualche goccia di ROJO a crudo!

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Rojo: il nostro primo fermentato

La salsa piccante HOMEBASCO ROJO è la nostra prima incursione nel mondo dei fermentati e si ispira alla messicana salsa Tabasco(*). È fatta a partire dalla fermentazione di peperoncino fresco che coltiviamo a Pescosolido, al quale viene poi aggiunto aceto di mele (una parte del quale ancora “vivo”, che quindi sviluppa un’ulteriore attività di fermentazione) e spezie e aromi, tra i quali prezzemolo e cardamomo, che hanno un match aromatico col peperoncino fresco secondo le nostre ricerche di foodpairing. In tutto, la fermentazione e la stagionatura richiedono all’incirca due mesi.
È grazie alla fermentazione ed alla successiva stagionatura che ROJO amalgama i sapori dell’aceto di mele, del peperoncino e delle spezie creando un piccante spiccato ed avvolgente che lascia poi spazio a sentori acidi e speziati con un profilo molto variegato.
Per quanto riguarda il design invece, la confezione si ispira a due aspetti del Messico: lo stile ed i pattern si ispirano alla cultura Azteca, mentre il font è un omaggio alla grafica dei campionati del mondo di calcio Messico ’70.



Come abbinare ROJO?

ROJO è un condimento molto versatile: nei panini e negli hamburger gioca in casa. Basta qualche goccia per ravvivare e dare un gusto piccante ai vostri piatti (se per voi il grado di piccante di ROJO è troppo elevato, potete aggiungerne una o due gocce ad un’altra salsa o ad un poco di olio, essendo ROJO praticamente privo di materia grassa). Ma potete usarlo anche a crudo sulle carni o sul pesce, sulle patate o sui fritti, fondamentalmente OVUNQUE. Inoltre, un paio di gocce di ROJO possono completare sughi e altri condimenti, anche quelli per la pasta. Insomma, (quasi) tutto è più buono con una bella spinta piccante ed una nota acida, il resto sta alla vostra creatività!

Perché i fermentati

La fermentazione è un procedimento antichissimo ideato per conservare più a lungo i cibi (e al tempo stesso renderli anche più buoni), se ne trovano infatti esempi e ricette diverse in tutto il mondo. Anche il pane, lo yogurt, la birra e il vino sono preparati con procedimenti di fermentazione. L’attività dei batteri e dei lieviti ci permette, oltre che aiutarci a conservarlo più a lungo, di ottenere dei sapori molto complessi e strutturati che tendono perlopiù all’acido ed al sapido. Inoltre, consumare cibi fermentati ( sempre all’interno di una dieta varia) può avere effetti benefici sul nostro organismo: basti pensare ai fermenti lattici dello yogurt!
Per saperne di più sui fermentati:
La Cucina Italiana
Huffington Post


(*)Tabasco è un marchio registrato, per questo la nostra salsa non può definirsi con questo nome (oltre perché differisce molto nella ricetta, a partire dall’utilizzo di aceto di mele invece che dell’aceto di vino). “Dato che “Tabasco” è il nome di uno stato messicano, l’uso esclusivo del nome in altra area geografica è un fatto curioso, ma non unico: una situazione equivalente si ha riguardo a un prodotto IGP detto “salsa calabra”, registrato in Spagna.” fonte Wikipedia

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5 febbraio: giornata nazionale contro lo spreco alimentare

Oggi è la giornata nazionale contro lo spreco alimentare promossa da Spreco Zero. Ridurre gli sprechi alimentari è uno degli obiettivi principali verso un futuro di sostenibilità dal punto di vista della filiera agroalimentare e noi, essendo un’azienda agricola che fa principalmente conserve, siamo particolarmente sensibili al tema.

Cosa facciamo contro lo spreco

I nostri preparati in barattolo (di vetro riutilizzabile, per ridurre anche lo spreco sul packaging – infatti riportateci i vasetti quando potete!) sono pastorizzati in modo da durare fino a 2 anni in dispensa, per avere le verdure e la frutta di una stagione tutto l’anno. Quando prepariamo i nostri prodotti cerchiamo di utilizzare tutte le parti della frutta e della verdura e di utilizzare in qualche modo gli scarti e le bucce quando è possibile (alcune idee le trovate qui).

Ma la parte più consistente del nostro impegno nei confronti dello spreco alimentare è come e dove raccogliamo la frutta. Infatti, una parte della nostra frutta viene da alberi abbadonati o i cui frutti non vengono raccolti, nei terreni, in montagna o anche in alcuni giardini, a volte. Alcuni frutti che usiamo, come ad esempio in primis la Feijoa Sellowiana, il Corbezzolo e le Nespole d’Inverno, sono frutti che spesso non vengono raccolti, sia perché i proprietari degli alberi non sanno cosa farne, o perché a volte pensano non siano commestibili, non conoscendoli. Le Nespole d’Inverno, poi, sono un frutto che veniva molto consumato in passato, perché dopo la raccolta rimane per molto tempo in cantina prima di essere consumato e assicurava una buona quantità di frutta da mangiare in inverno. Oggi è caduto in disuso come frutto, sia perché non è bellissimo da vedere quando è maturo, sia perché completamente ignorato dalla grande distribuzione.

A proposito di grande distribuzione e greenwashing

A proposito di grande distribuzione, una riflessione va fatta sui partner che Spreco Zero ha scelto per questa giornata. Infatti è un peccato come per celebrare una giornata dalle intenzioni così nobili e per una causa così giusta, si sia scelto come luogo un famoso divertimenti gastronomico che non è altro che il miglior esempio di greenwashing che ci possa venire in mente. Il greenwashing è un po’ ciò che accomuna tutti i partner dell’evento (c’è anche la grande distribuzione organizzata), uniti nel tentativo far passare per “genuini”, “naturali” e “sostenibili” produttori che non sono altro che multinazionali che cercano di cavalcare l’onda della sostenibilità e di sfruttare la buona fede dei consumatori che iniziano a farsi sempre più domande. La verità dietro questo tipo di aziende è che dietro c’è la stessa grande distribuzione che inquina, produce agricoltura intensiva, problemi sociali come il caporalato e affama i piccoli produttori costringendoli a vendere i propri prodotti a prezzi ridicoli.

Noi siamo per un modello veramente sostenibile, non per un cartonato di sostenibilità parato davanti a lavoratori sfruttati ed agricoltura intensiva, non abbiamo bisogno di greenwashing perché non dobbiamo nascondere stipendi di manager a 6 cifre e contratti precari, come non dobbiamo nascondere da dove viene la nostra frutta.
Siamo ovviamente contro ogni tipo di spreco, ma siamo anche per chi si costruisce una vera credibilità e una vera sostenibilità sul territorio, non grazie a campagne pubblicitarie milionarie e mettendo la parola sostenibilità dove non c’è niente di sostenibile.

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Hummus! Cos’è e come usarlo in cucina

L’hummus (حُمُّص‎ ) è una salsa araba a base di pasta di ceci di origini antichissime, le prime attestazioni risalgono addirittura al XIII secolo. Gustosa, nutriente e versatile, noi la prepariamo con i ceci della Valcomino, con il tahini che facciamo sempre noi*, limone e un pizzico di sale. Il nostro hummus è ricco di proteine e fibre e povero di grassi, è quindi perfetto per ogni tipo di dieta.

Abbiamo assaggiato l’hummus in Palestina e ce ne siamo innamorati, abbiamo deciso così di proporlo (con pochissime differenze) anche in Italia, perché è fatto con tutti ingredienti che fanno parte della dieta mediterranea. È possibile usare l’hummus per tantissime preparazioni, per uno spuntino o, se accompagnato da pane e verdure, come pasto leggero. Generalmente, in Palestina viene steso su un piatto comune e condito con un filo d’olio d’oliva, prezzemolo e spezie a piacere (in genere il pepe) e servito con del pane Pita o Taboon e verdure come pomodori, cetriolini, cipolle o carote. Viene consumato (rigorosamente con le mani, affondando direttamente il pane nell’hummus) spesso come aperitivo o quando è troppo caldo per un pranzo pesante. Ma si può mangiare in tanti altri modi ed essendo possibile che molti di voi non l’abbiano mai mangiato, eccovi alcune idee su come portarlo in tavola:

All’aperitivo: puoi usare l’hummus per insaporire dei pomodori (oppure puoi svuotare dei pomodirini e riempirli con la salsa per creare un fingerfood) o servirlo come salsa per intingere carote o sedano (sta benissimo anche sull’insalata fredda di patate), senza mai dimenticare la classica bruschetta.

Nei panini
: per gli hamburger, per i sandwich e per tutti i panini in generale, uno strato di hummus renderà tutto più gustoso. Se sei a dieta e vuoi alleggerire i tuoi pasti, puoi usarlo al posto della maionese sia nei panini che con le patatine.

Come base per i falafel: aggiungendo delle cipolle tritate sottili, un bel po’ di prezzemolo (o, ancora meglio, coriandolo) e del pangrattato, otterrete un impasto perfetto per fare dei falafel, le classiche polpette di ceci tipiche di tutte le cucine arabe. I veri falafel poi vengono fritti, ma se cercate l’alternativa leggera potete cuocerli in forno.

Nelle zuppe: un cucchiaino di hummus renderà più cremosa e avvolgente una zuppa!

Insalata di riso: con le insalate fredde l’hummus si sposa alla perfezione! Sulla pasta fredda invece non garantiamo, ma perché non provare?

Il modo migliore, secondo noi, rimane sempre quello tradizionale: mettetelo su un piatto, conditelo olio d’oliva, prezzemolo e spezie a piacere e affondateci dentro il pane!

*Il Tahini è una pasta a base di sesamo, che può essere tostato o meno. Noi non tostiamo il sesamo per avere un gusto più pulito e lo pestiamo a mano in un pestello di marmo aggiundendo un po’ di olio d’arachidi (nel Tahini si usa in genere un olio poco saporito come di semi o di arachidi, l’olio d’oliva avrebbe un gusto troppo prepotente)

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Legumi al naturale: bontà e sostenibilità

Dopo aver trasformato molta frutta e verdura in qualcosa per le colazioni e gli aperitivi, quest’anno porteremo nelle vostre tavole cose per ogni pasto!
Così nasce la nostra linea di legumi al naturale: ceci, lenticchie e fagioli cannellini vengono dalla Valcomino, dalla collaborazione con l’azienda agricola Saim in conversione biologica e sono messi in ammollo e poi cotti. E basta.
Sono quindi già pronti, basta aprirli e scegliere se preparare una pasta, un riso, un contorno o una zuppa.

Ricorda: anche scegliere cosa mangiare è un atto etico e politico:

Infatti i legumi fanno bene a chi li consuma, perché hanno delle ottime proprietà nutritive, soprattutto per l’apporto di proteine vegetali per chi sceglie una dieta vegetariana, vegana o semivegetariana e fanno bene alla terra, perché la loro coltivazione aiuta a fissare l’azoto nel terreno rendendolo più fertile anche per le altre colture.
Abbiamo scelto di iniziare a trasformare anche legumi perché la loro coltivazione è sostenibile, e questa è la direzione nella quale va il mondo dell’alimentazione: una dieta più varia con cibi più sani e più sostenibili sia per l’economia che per i terreni, meno proteine animali e più vegetali. È per questo che il 2016 è stato l’anno internazionale dei legumi, promosso dalla FAO e dall’ONU, lo sapevi infatti che per produrre un kg di carne di manzo ci vogliono 13000 litri d’acqua, mentre per le lenticchie solo 50?
Per saperne di più sui legumi e la loro sostenibilità:
https://www.lifegate.it/persone/stile-di-vita/perche-2016-anno-internazionale-legumi
Sul sito della FAO invece trovate delle infografiche molto dettagliate su legumi, biodiversità e il cambiamento climatico e su come far mangiare i legumi ai bambini:
http://www.fao.org/pulses-2016/it/ (alcune cose sono in inglese)

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Ketchup di Biancospino selvatico

Il Ketchup di Biancospino selvatico è sicuramente uno dei nostri prodotti più caratteristici. Raccogliamo il biancospino in questo periodo, infatti è tra ottobre e novembre che le campagne della Media Valle del Liri si riempiono di questi piccoli frutti rossi. Oltre ad utilizzarlo per altre ricette, abbiamo pensato che il suo sapore si sarebbe sposato bene anche col salato. Così, dopo qualche ricerca, abbiamo preso l’idea da una ricetta originale inglese: lavoriamo i frutti per ottenere una polpa rossa la quale viene usata al posto del pomodoro. Aggiungiamo poi l’aceto di mele, lo zucchero, il sale e qualche spezia. Il suo particolarissimo sapore agrodolce e leggermente affumicato lo rende un perfetto sostituto gourmet del ketchup di pomodoro: nei panini, sulle carni in generale e sulle patate. Si può abbinare bene anche ad alcuni formaggi.

Per conoscere meglio il biancospino

Il biancospino selvatico è un arbusto o un piccolo alberello appartenente al genere Crataegus (le specie sono diverse e differiscono tra loro per pochi caratteri botanici) ed è simbolo del risveglio primaverile con la sua effimera e meravigliosa fioritura selvatica lungo i bordi delle strade di campagna. Il fusto è ricoperto da una corteccia compatta, di colore grigio. I rami giovani sono dotati di spine che si sviluppano alla base dei rametti brevi. Sono i rametti spinosi (brocche) che in primavera si rivestono di gemme e fiori. Questa specie è longeva e può diventare pluricentenaria, ma con crescita lenta.

I frutti sono ovali, rossi a maturazione, delle dimensioni di quasi un cm e con un nocciolo che contiene il seme. La fioritura avviene tipicamente tra aprile e maggio, mentre i frutti maturano fra settembre e ottobre. I frutti del biancospino sono edibili, ma solitamente non vengono mangiati freschi, perché piccoli e con un grosso nocciolo, bensì lavorati per ottenere marmellate, gelatine o sciroppi. I frutti sono decorativi perché rimangono al lungo sull’arbusto, anche durante tutto l’inverno.
Diversi sono gli usi medicinali delle foglie e dei frutti di biancospino e prima veniva spesso usato per delimitare i poderi agricoli, visto che forma delle siepi invalicabili per la presenza dei rami spinosi.

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Il mirabolano

Il mirabolano (Prunus cerasifera)

da wikipedia

L’amolo (Prunus cerasifera) detto anche mirabolano, brombolo o marusticano, o semplicemente rusticano, è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae e al genere Prunus. Il mirabolano è un albero da frutto ma spesso è anche usato come albero ornamentale.

Distribuzione

Il mirabolano è un albero tipico dell’Europa centrale ed orientale e dell’Asia centrale e sud-occidentale. Si trova diffuso allo stato selvatico in italia.

Descrizione

Si tratta di un albero o un grosso arbusto, latifoglie e con fogliame deciduo, alto fino a 6-7 metri, con chioma globosa espansa di colore verde chiaro (rosso nella varietà ‘Pissardii’). ha tronco eretto, sinuoso, presto ramificato con corteccia di colore bruno-rossiccio, fessurata e squamata negli esemplari adulti.

Le foglie sono ovate o ellittiche, fino ad una grandezza di 4×6 centimetri, con apice affusolato e margine seghettato; pagina superiore di colore verde (rosso nella varietà ‘Pissardii’), pagina inferiore più chiara con peli lungo le nervature.

L’amolo ha fiori che variano dal bianco al rosa, con un diametro compreso tra i 2 e i 2,5 centimetri, inseriti singolarmente su corti piccioli. Fiorisce in marzo-aprile prima o assieme alle foglie.

I frutti, detti amoli, sono delle drupe rotonde del diametro di 2–3 cm, di colore giallo o rosso cupo, simili alle ciliegie ma all’interno ricordano le prugne. Sono aspri quando acerbi e verdi, ma diventano dolci una volta raggiunta la maturazione, in giugno-luglio.

Usi

Viene apprezzato per i frutti, che maturano a giugno- luglio (a seconda delle varietà), inoltre può essere usato con successo in confetture di ottimo sapore, leggermente acidule, ma che diventa più dolce a piena maturazione. può essere anche consumato fresco. È usato soprattutto come pianta portainnesti per alcune specie di Prunus coltivate. L’amolo è molto impiegato come pianta ornamentale per i parchi, i giardini e le siepi, nelle varietà con foglie colorate.

La pianta è mellifera, i fiori sono molto bottinati dalle api, ma del miele monoflorare non si riesce a produrre per la limitata diffusione della pianta.

Se mangiato non ancora completamente maturo ha un effetto lassativo.