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Ketchup di Biancospino selvatico

Il Ketchup di Biancospino selvatico è sicuramente uno dei nostri prodotti più caratteristici. Raccogliamo il biancospino in questo periodo, infatti è tra ottobre e novembre che le campagne della Media Valle del Liri si riempiono di questi piccoli frutti rossi. Oltre ad utilizzarlo per altre ricette, abbiamo pensato che il suo sapore si sarebbe sposato bene anche col salato. Così, dopo qualche ricerca, abbiamo preso l’idea da una ricetta originale inglese: lavoriamo i frutti per ottenere una polpa rossa la quale viene usata al posto del pomodoro. Aggiungiamo poi l’aceto di mele, lo zucchero, il sale e qualche spezia. Il suo particolarissimo sapore agrodolce e leggermente affumicato lo rende un perfetto sostituto gourmet del ketchup di pomodoro: nei panini, sulle carni in generale e sulle patate. Si può abbinare bene anche ad alcuni formaggi.

Per conoscere meglio il biancospino

Il biancospino selvatico è un arbusto o un piccolo alberello appartenente al genere Crataegus (le specie sono diverse e differiscono tra loro per pochi caratteri botanici) ed è simbolo del risveglio primaverile con la sua effimera e meravigliosa fioritura selvatica lungo i bordi delle strade di campagna. Il fusto è ricoperto da una corteccia compatta, di colore grigio. I rami giovani sono dotati di spine che si sviluppano alla base dei rametti brevi. Sono i rametti spinosi (brocche) che in primavera si rivestono di gemme e fiori. Questa specie è longeva e può diventare pluricentenaria, ma con crescita lenta.

I frutti sono ovali, rossi a maturazione, delle dimensioni di quasi un cm e con un nocciolo che contiene il seme. La fioritura avviene tipicamente tra aprile e maggio, mentre i frutti maturano fra settembre e ottobre. I frutti del biancospino sono edibili, ma solitamente non vengono mangiati freschi, perché piccoli e con un grosso nocciolo, bensì lavorati per ottenere marmellate, gelatine o sciroppi. I frutti sono decorativi perché rimangono al lungo sull’arbusto, anche durante tutto l’inverno.
Diversi sono gli usi medicinali delle foglie e dei frutti di biancospino e prima veniva spesso usato per delimitare i poderi agricoli, visto che forma delle siepi invalicabili per la presenza dei rami spinosi.

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Il mirabolano

Il mirabolano (Prunus cerasifera)

da wikipedia

L’amolo (Prunus cerasifera) detto anche mirabolano, brombolo o marusticano, o semplicemente rusticano, è una pianta appartenente alla famiglia delle Rosaceae e al genere Prunus. Il mirabolano è un albero da frutto ma spesso è anche usato come albero ornamentale.

Distribuzione

Il mirabolano è un albero tipico dell’Europa centrale ed orientale e dell’Asia centrale e sud-occidentale. Si trova diffuso allo stato selvatico in italia.

Descrizione

Si tratta di un albero o un grosso arbusto, latifoglie e con fogliame deciduo, alto fino a 6-7 metri, con chioma globosa espansa di colore verde chiaro (rosso nella varietà ‘Pissardii’). ha tronco eretto, sinuoso, presto ramificato con corteccia di colore bruno-rossiccio, fessurata e squamata negli esemplari adulti.

Le foglie sono ovate o ellittiche, fino ad una grandezza di 4×6 centimetri, con apice affusolato e margine seghettato; pagina superiore di colore verde (rosso nella varietà ‘Pissardii’), pagina inferiore più chiara con peli lungo le nervature.

L’amolo ha fiori che variano dal bianco al rosa, con un diametro compreso tra i 2 e i 2,5 centimetri, inseriti singolarmente su corti piccioli. Fiorisce in marzo-aprile prima o assieme alle foglie.

I frutti, detti amoli, sono delle drupe rotonde del diametro di 2–3 cm, di colore giallo o rosso cupo, simili alle ciliegie ma all’interno ricordano le prugne. Sono aspri quando acerbi e verdi, ma diventano dolci una volta raggiunta la maturazione, in giugno-luglio.

Usi

Viene apprezzato per i frutti, che maturano a giugno- luglio (a seconda delle varietà), inoltre può essere usato con successo in confetture di ottimo sapore, leggermente acidule, ma che diventa più dolce a piena maturazione. può essere anche consumato fresco. È usato soprattutto come pianta portainnesti per alcune specie di Prunus coltivate. L’amolo è molto impiegato come pianta ornamentale per i parchi, i giardini e le siepi, nelle varietà con foglie colorate.

La pianta è mellifera, i fiori sono molto bottinati dalle api, ma del miele monoflorare non si riesce a produrre per la limitata diffusione della pianta.

Se mangiato non ancora completamente maturo ha un effetto lassativo.

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Le nespole invernali

Le nespole invernali

Tra le numerose specie da frutto ormai quasi introvabili perché scarsamente coltivate e, di conseguenza, poco conosciute dai consumatori, rientrano certamente le nespole.

Le nespole invernali non vanno confuse con le nespole del Giappone. Si tratta di due piante completamente diverse, anche se ambedue appartenenti alla famiglia delle Rosacee.

Pur se alcuni caratteri sono comuni alle due specie, sono sicuramente maggiori le differenze che le caratterizzano e le identificano come due piante da frutto ben distinte.

Il nespolo comune (Mespilus germanica L.) è pianta ormai quasi sconosciuta. Ne abbiamo trovato qualcuna ad Arpino e ne abbiamo raccolto i frutti.

I frutti del nespolo comune non li troverete mai da un fruttivendolo, al contrario delle nespole giapponesi. Infatti le nespole comuni vanno raccolte sull’albero prima della maturazione e messe in cantina, fra la paglia, ad ammezzire. Solo allora, quando la polpa sarà morbida, si potrà consumare: ma le nespole saranno intrasportabili. Per questo vi era il detto popolare “Col tempo e con la paglia maturano le nespole”. Si potrà velocizzare la maturazione mettendole accanto a delle mele, soprattutto rosse.

Il frutto del nespolo, per secoli, è stato considerato una leccornia; veniva mangiato dai Greci e dai Romani, che lo dedicarono al dio Saturno, e gli erboristi ritenevano che potesse guarire molte malattie. Anche il Mercier, all’inizio del ‘900, lo utilizzava come regolatore intestinale contro le diarree. E’ molto ricco di vitamine (B1, B2, B3, vitamina C e Vitamina A) ed è astringente quando non è ancora maturo. Molto alto il contenuto in fibre e per questo è adatto alle diete ipocaloriche.

Nelle campagne, una volta, le nespole si offrivano come dessert, spolverate di zucchero ed innaffiate di acquavite. Se ne facevano conserve al miele, al vin cotto e venivano anche candite.

Ne abbiamo fatto un’ottima confettura. I frutti sono piccoli, i semi sono grandi e, visto che la buccia va eliminata, la resa è assai bassa. Inoltre fare la confettura di nespole è molto laborioso, anche se i risultati sono molto interessanti. Forse è proprio la bassa resa e la necessità di far maturare i frutti in cantina che ne hanno determinato la scomparsa dalle nostre tavole.

Il lavoro più lungo è l’eliminazione della buccia e dei semi. La polpa matura è molliccia, per cui i frutti vanno spremuti per far fuoriuscire polpa e semi. Quest’ultimi, essendo voluminosi, possono essere poi separati usando un setaccio a maglia grossa.

Si ottiene una purea marrone piuttosto compatta, alla quale andrà aggiunta un po’ di acqua per cuocerla.

Si ha così una confettura consistente ma morbida, color marrone, che per certi aspetti ricorda la mela, ma molto più aromatica, dal gusto delicato, con un sentore floreale e molto fresco, e possiede anche una nota acidula. E’ da assaggiare!

La confettura di nespole d’inverno è sia confettura da colazione, spalmata sul pane o sui biscotti, sia può essere usata per guarnire torte e crostate (per questo uso conviene scaldare la confettura in un pentolino con un po’ di acqua, per non farla essere troppo secca alla fine). Essendo molto aromatica, è anche consigliata con i formaggi dal sapore deciso.

Il suo sapore è “antico” e il suo profumo è “autunnale”.